Miti, leggende e significati
LA STORIA
Le Rune evocano un aura di mistero e di antichità. Portoni di olmo intagliati da nani laboriosi ed elfi bianchi, si aprono su mondi lontani al pronunciare incantesimi e formule magiche. Fuoco, ghiaccio e nebbie avvolgono mari agitati, e a ben guardare, tra i flutti delle onde, sembrano apparire draghi dalle fauci spalancate sulle polene delle “Drakkar“, le temute navi vichinghe.
Il Significato delle Rune
Del mondo e della mitologia norrena sono poche le certezze giunte sino a noi, tant’è che alla storia spesso si sono unite leggende finendo poi per perdersi nelle pieghe del tempo.
J.R.R. Tolkien si ispirò molto a nomi, luoghi e personaggi norreni, e anche la fortunata saga di Marvel Comics, spesso si è ispirata a personaggi mitici. Thor Odinson (lettereralmente, Thor il figlio di Odino) ne è forse il miglior esempio.
Le Rune di NES vogliono essere un accenno storico letterario culturale, all’interno di un circuito olistico-energetico, senza pretesa e senza nulla togliere a chi di Rune ne sadavvero tanto e molto più di noi.
Le ricerche sono state liberamente condotte dalla redazione di NES, e non vogliono sostituirsi all’antologia ufficiale dalle quale tramite diversi e svariati autori, abbiamo attinto risorse.
La parola RUNA : Dal nordico antico rūnar significa mistero o segreto o sussurro.
Le rune sono un insieme di simboli che rappresentano l’antico alfabeto germanico. L’alfabeto era diviso in tre gruppi di otto rune ciascuno. La lettura fonetica delle prime sei rune origina la parola FUTHARK. Storicamente questa è la collezione di rune più antica che si conosca, chiamato FUTHARK antico.
Con il termine “Rune” si indicano i segni grafici di questo alfabeto antico (ovvero le lettere scritte) sarebbe un errore ridurle solo a lettere di un alfabeto misterioso, perché in realtà il segno grafico non è la Runa, ma solo il disegno della Runa.
Bisogna quindi capire che ogni Runa ha tre componenti:
Il suono (che è quello della lettera dell’alfabeto corrispondente).
Il segno (che è appunto il disegno della Runa, ovvero la parte grafica).
Il simbolo (che è il significato archetipico della Runa stessa).
L’interpretazione delle Rune ha lo scopo di fornire indicazioni nell’interpretare il proprio Wyrd (o destino). Ci sono esperienze imprescindibili nella vita a cui si deve arrivare, nostro malgrado, così come ci sono esperienze che possono essere modificate a seconda delle nostre scelte.
Oppure tramite la scelta di alcune rune, si possono creare Sigilli Runici personalizzati dal potere taumaturgico. La realizzazione di tali talismani o sigilli è basata su determinate scelte.
L’interpretazione aiuta a conoscere queste tappe variabili, in modo da poterle influenzare con le nostre scelte così da arrivare con la migliore preparazione possibile a quegli appuntamenti fissati dal proprio destino che ci toccano in questa vita.
L’avvento delle Rune
La nascita delle rune è attribuita ad Odino; principale divinità e personificazione del sacro, principio dell’universo e della sua creazione. Divinità della religione e della mitologia germanica e norrena. La figura di Odino e dei miti relativi provengono principalmente dai miti scandinavi, scritti in lingua norrena e nell’Edda, il ramo meglio conservato nonché più recente dei miti germanici.
Considerato il protettore degli uomini, Dio della Sapienza e della Saggezza, Odino si sacrifica per rivelare all’umanità il segreto stesso dell’esistenza e molti dei segreti della natura nascosti nelle Rune.
Rimase appeso con il capo verso il basso a Yggdrasil. Un possente albero di Frassino dal quale, secondo la cosmogonia nordica è nata tutta la vita sulla terra.
Yggdrasil custodiva dentro di sé i misteri della natura e, primo fra tutti, il segreto della Vita e ciò lo rendeva l’unico mezzo attraverso il quale giungere alla conoscenza. Odino rimase appeso per nove giorni e nove notti. Si trafisse il costato con la lama della sua lancia e donò l’occhio sinistro per apprendere la saggezza del mondo. Per giungere a tale sapienza, Odino affronta diverse prove iniziatiche e sciamaniche arrivando presso la fonte del gigante Mìmir.
La fonte, pare fosse situata in vicinanza della terza radice di Yggdrasil, quella che si protende fino a Jötunheim, la terra dei Giganti.
Questa fonte dona la Saggezza a chi si abbeveri, tanto che il suo custode Mìmir è l’essere più saggio del mondo, bevendo con il suo corno alla fonte ogni giorno.
Per poter bere alla fonte della saggezza, Odino dona il suo occhio al gigante, quindi si trafigge con la lama della sua lancia affinché il sacrificio di sé stesso tramite lo sgorgare del sangue lo conducano alla conoscenza.
“Nove notti, ricordo, restai appeso, scosso dal vento all’albero e di lancia trafitto ed a me stesso dedicato, Odino a Odino fu immolato”.
Cavalcata delle Valchirie dal 3° Atto dell’opera “La Valchiria”
Der Ring des Nibelungen • Richard Wagner
- L’oro del Reno (prologo);
- La Valchiria (prima giornata);
- Sigfrido (seconda giornata);
- Il crepuscolo degli dei (terza giornata).
La “Cavalcata delle Valkirie” èstata resa celebre nella scena in cui gli elicotteri americani, in Apocalypse Now – film del 1979 del regista Francis Ford Coppola – volano verso la spiaggia durante la guerra in Vietnam.
Le Rune di NES
Le origini delle rune non sono certe. È probabile che derivino da una scrittura appartenente al gruppo delle cinque principali varietà di alfabeto italico, derivato dall’alfabeto etrusco. Questa tesi fa risalire la vera origine delle rune alla colonizzazione greca dell’Italia meridionale. Importanti iscrizioni furono scoperte nell’area alpina e prealpina. Scritture simili furono usate per il Retico e il Venetico. Si ipotizza che l’alfabeto runico derivi da quello venetico.
In Italia le uniche iscrizioni runiche risalgono al tempo dei normanni e si trovano nel sud della penisola, in particolare nel Santuario di San Michele Arcangelo a Monte Sant’Angelo, in provincia di Foggia, in Puglia.
NES propone i simboli delle Rune nell’interpretazione del Fuþark antico, anche chiamato Futhark antico o Futhark germanico, è la più antica forma di alfabeto runico, utilizzata dalle tribù germaniche nei dialetti del germanico nordoccidentale durante le invasioni barbariche tra il II e l’VIII secolo, in iscrizioni su manufatti come gioielli, amuleti, attrezzi, armi e pietre runiche.
Le Rune di NES sono realizzate interamente a mano, con incisioni su argilla, decorate in polvere d’oro e “sigillate” in resina che ne protegge l’integrità e ne garantisce lucentezza e trasparenza. Leggerissime, raffinate ed eleganti, le Rune di NES si accompagnano come ornamento alle pregiate stole realizzate in chiffon di seta, crepe de chine e georgette, impreziosite da un lavoro di transfert energetico e di palming, con raffinate lane quali cashmere, merino, alpaca e vicuna.
Le Rune di NES possono essere portate come pendenti, girocollo o orecchini.
Senso simbolico: la ricchezza al tempo stesso materiale e spirituale, il potere, l’energia cosmica che si raccoglie, la vacca primordiale/potere creatore.
Prima runa del Futhark, Fehu è di primo acchito una runa che evoca la creazione e la procreazione, poiché segna l’inizio di ogni cosa. Corrisponde a un’energia ancora non palesata: runa di creazione, in questo senso è legata a Muspellheim, il fuoco cosmico nel suo processo d’azione. Poiché Fehu corrisponde all’inizio di ogni cosa, segna l’inizio dei nuovi cicli ed è attraverso di essa che avviene l’eterno ritorno. Le traduzioni del suo nome mostrano bene il fatto che è la runa della ricchezza, del bestiame, essa riceve e permette di distribuire, permette di caricare gli oggetti di energia. Questa è d’altronde la logica in un mondo in cui la ricchezza si misurava in numero di capi di bestiame posseduti, ma non bisogna attenersi solo a questo aspetto. Essa è una runa di apertura, nella fattispecie di apertura di sé; simboleggia l’abbondanza spirituale, il mettersi originariamente in contatto col mondo degli Dei, l’inizio dell’espansione della coscienza, è l’immagine del grano che è stato seminato e che comincia a germogliare. E’ la posizione del sacerdote-mago che attende e riceve gli Dei: Fehu permette di crescere materialmente e spiritualmente.
Fehu è un luogo presente nell’immaginario collettivo, un tempo e uno spazio permeati di pace e serenità, abbondanza e armonia, il ricordo forse di quello stadio archetipo in cui per nove mesi siamo rimasti nel ventre materno, cullati, nutriti, semiaddormentati, in una unione totale con la madre.
Ricercare di nuovo l’unione con la Madre Terra, forse questa è l’illuminazione che ci aspetta alla fine del cammino con la ventiquattresima runa, dove avremo finalmente riconquistato la nostra anima: prima tutto è vuoto, il nulla cosmico, poi la terra, un ventre in cui precipitare inevitabilmente, all’atto del concepimento.
Il nulla è la mancanza di spazio, di tempo, di forma, di affetti,di identità, semplicemente non ci siamo e poi, improvvisamente eccoci lì, piccola cellula che comincia a crescere e man mano che il tempo passa, esistere.
Le immagini che crea Fehu sono bucoliche: vallate, foreste, fiumi, pascoli, mucche, pecore, capre, tutte pronte da mungere, pronte a offrire nutrimento e calore, poi campi arati o da arare, frutti, maturi o da cogliere, Fehu è il calore della Primavera, dell’Estate, con campi di grano, colmi di spighe, è un infanzia destinata a durare poco, un’innocenza che presto svanirà, come la breve estate del Nord.
A questa runa appartengono Freya e Freyr, due dei di cui la prima appartiene alla stirpe dei Vani, è la dea della bellezza. Dell’amore, della fertilità, della seduzione, della guerra ed è esperta nelle arti magiche del seidhr, che comprendono l’arte della divinazione, della guarigione, dell’estasi, conosce ogni segreto di natura, con le sue arti da veggente conosce il futuro dell’universo ed è la patrona e la guida delle maghe e delle indovine.
Il secondo, Freyr, insieme alla sorella Freya regge la runa Fehu e la prima famiglia di rune o Aetir: egli è figlio di Njord, dio del mare, appartiene alla stirpe dei Vani legati al culto della natura e della fertilità, ai cicli e agli eventi della natura, sua amante è la sorella.
Freyr è legato all’acqua e al mare, sua è la nave magica Skidbladnir, veloce e leggera che viaggia verso la meta in pochi istanti e che può essere piegata e riposta in tasca, possiede inoltre una spada magica capace di combattere da sola, che accresce il potere del guerriero che la brandisce, assicurandogli la vittoria.
Nobile e coraggioso è associato all’estate e alla luce del sole, dio della fertilità della natura, dei campi, degli animali, degli esseri umani, i suoi animali sacri erano il cinghiale e il cavallo, simboli di forza riproduttiva.
L’estrazione di questa runa richiede una attenta considerazione del concetto di ricchezza, prosperità, abbondanza e felicità: cosa è per noi , come la intendiamo, come la realizziamo, come ci rapportiamo a essa.
La ricchezza non dipende solo da una quantità di beni e denaro, ma piuttosto dall’uso che noi ne facciamo, dal significato stesso che noi attribuiamo alla vita, la ricchezza, ossia la disponibilità di una più profonda ricchezza interiore, ricchezza non significa accumulo, possesso, avidità, controllo, il concetto chiave di questa runa è GENEROSITA’ .
Se viene estratta rovescia, ovviamente il suo significato cambia polarità, e rappresenterà l’opposto del suo significato da diritta.
Runa URUZ
Senso simbolico: la forza originaria, la potenza originaria e il bue primordiale, l’energia fertilizzante originaria, la forza bruta.
Uruz è la runa fondatrice, che si ritrova come radice nelle lingue germaniche col prefisso Ur-. Esprime la forza originaria bruta, l’energia nella sua potenza non ancora plasmata . E’ legata alla vacca Audhumbla, nata dalla sorgente dei ghiacci all’inizio dei tempi; leccando il ghiaccio per 3 giorni, ha permesso a Buri di liberarsi (l’antenato degli Dei). Questi ha un figlio, Burr, padre dei tre fratelli Odino, Vili e Vé. Audhumbla corrisponde alla Grande Madre come altre vacche in numerose tradizioni: in India, in Egitto con la vacca Ahet, madre del Sole, a Sumer dove il suo latte è assimilato alla Luna. La vacca è anche associata a un nuvola piena di pioggia, un po’ come una madre che partorisce, e pronta a spandersi sulla terra e sulle colture affinché crescano. Uruz è, dunque, l’energia fecondante, rassicurante, confortante poiché reca la vita: è collegata anche alla Dea Eira, sotto il suo aspetto curativo, tanto più che quest’ultima presiede alla scienza sacra delle erbe. Il suo Galdr – incantamento – permette di guarire la terra nei luoghi in cui è necessario, permettendo anche agli spiriti di un luogo di acquietarsi, quindi aiuta anche contro le depressioni, l’anemia, per trasmetterla a un essere vivente – piante e animali compresi, poiché anche loro sono esseri degni di rispetto, nonostante ciò che ha insegnato la religione cattolica – può essere proiettata su medicinali omeopatici o allopatici per potenziarne l’effetto curativo, sulle erbe, eccetera. Uruz permette di radicarsi a un lavoro magico, lo insedia e gli conferisce maggiore solidità e durevolezza, permette anche a un essere umano di forgiarsi delle radici quando queste sono messe in pericolo dalle circostanze.
Se con Fehu abbiamo fatto esperienza del lato luminoso della madre, della natura e della realtà, con Uruz dobbiamo cominciare a fare i conti con il lato oscuro, infatti essa rappresenta quegli aspetti della vita che ci fanno soffrire e che sfuggono al nostro controllo, con cui dobbiamo imparare a fare i conti fin da piccoli.
Abbiamo fame ma la mamma non ci da da mangiare, abbiamo freddo ma la mamma non ci copre, abbiamo paura di morire di fame e di freddo, e poi la mamma arriva, era fuori a fare legna, a cercare cibo, ma non ha comunque tempo per noi.
Uruz è anche l’archetipo della nostra anima, quello governato dagli istinti animali più difficili da controllare, l’istinto della sopravvivenza, che genera la paura di morire e nello stesso tempo la rabbia, che è la forza di reagire; Uruz è il lato oscuro e incontrollabile della nostra natura, è l’Es di Freud, l’inconscio inferiore di Jung, è il Grendel di Beowulf, il drago di Sigfrido, il minotauro di Teseo.
Da sempre il toro suscita ammirazione e paura per la sua possenza e la sua apparente calma pronta a trasformarsi in una calamità, e questa runa rappresenta proprio quest’animale, legato al culto della dea Madre, e riguarda non solo gli aspetti nutrienti e benefici della natura ma anche e soprattutto quelli imprevedibili e distruttivi.
Dal latino mater, madre, la materia è assimilata all’elemento terra ed è considerata da molte tradizioni il più sacro e divino degli elementi, poiché comprende la natura nei suoi tre regni minerale, vegetale e animale: la terra è al tempo stesso materna e nutriente, pratica e concreta, solida e potente, ma può essere scossa dalla furia devastatrice dei vulcani, dei cataclismi, degli uragani, dei terremoti, la terra può inaridirsi, fendersi, liquefarsi, può trasformarsi in deserto, in frana, in fiume di fango.
A Uruz vengono collegati Beowulf, Loki e Odino, dove il primo rappresenta un personaggio mitico che venne deificato per le sue gesta, molto simile a Ercole (o Eracle in greco), il secondo veniva definito il “terrorista Cosmico” per le sue malefatte e i suoi piani per sottrarre ai suoi fratelli l’attenzione di Odin.
Loki era un personaggio, figlio di Odino appunto, poi trasformato in malfattore per le sue azioni sempre poco corrette, dal quale non si salvava nessuno: rappresenta la mente fulminea guidata dai desideri non ancora purificati che cercano di raggiungere sempre scopi materiali.
Egli è il dio della furbizia, del doppio gioco, dell’imbroglio, del potere di aggirare le regole, di ottenere quanto si vuole con qualsiasi mezzo, tant’è vero che alcuni dei suoi epiteti erano il briccone, l’attaccabrighe, la vergogna degli dei, calunnia degli Asi.
Odino, come Dio supremo del Valhalla, rappresenta l’inconscio personale, che è la zona della mente non soggetta alle regole della razionalità e della ragione, quindi sfugge alle categorie mentali quali bene e male, un prima e dopo, ed è questo il “mondo di Dio”, colui che non ha confini né un inizio o una fine, questo è il regno del cervello arcaico che si manifesta attraverso i sogni, gli istinti, le pulsioni, i sintomi e ci troviamo spesso nella condizione di subirne gli influssi a nostra insaputa (ecco il detto “abbi fede, solo Dio conosce i suoi piani”).
In questa zona oscura della psiche confluiscono le esperienze, per lo più infantili, che in qualche modo la mente ha rifiutato e rifiuta in quanto percepite come dolorose o fonte di vergogna, ricordiamoci la cacciata dal Paradiso, e non accettazione da parte di sé stessi e degli altri:tali contenuti qualora non risolti cioè portati alla luce ed elaborati dalla coscienza, possono generare una profonda sofferenza e una incapacità a relazionarsi correttamente con la realtà, chiamata nevrosi.
Ancora una volta Uruz ci invita a prendere contatto con quelle energie psichiche imprigionate nell’inconscio e ci aiuta a esprimerle nel mondo.
Runa THURISAZ
Senso simbolico: la spina (difesa e attacco), il nemico dell’avversità, la difesa, il martello, le forze brute.
Thurisaz è la runa della forza bruta, che può essere buona fra le mani di una persona positiva quanto negativa in un’azione malvagia, stesso discorso vale per i giganti ( le thurse che essi richiamano), allo stesso modo, il martello, dipende dal suo utilizzatore, e la spina difende inconsciamente. Questa runa ha una fama piuttosto cattiva e i runisti la percepiscono come una energia pericolosa, ma non inutile ricordare che le rune sono in sé energie neutre e che il loro impatto dipende da colui o colei che le usa: l’intenzione del mago o della maga dev’essere chiara e lui o lei dev’essere sufficientemente equilibrato affinché il suo inconscio non interferisca col suo lavoro. Thurisaz esprime un’energia di difesa a un primo grado di comprensione; è la runa di Thor (del quale è l’iniziale), l’irriducibile avversario dei Giganti, e a questo titolo contribuisce ad abbattere le grandi forze brute neutralizzanti ed avverse, a rimuovere gli ostacoli, e corrisponde al tuono, alla folgore, provoca anche bruschi cambiamenti di situazione. La si può proiettare per difendersi e in questo senso è protettrice, ma la spina non si rapporta a ciò che punge. Vengono anche chiamate “spine” i menhir, che sono un asse solare, posti in generale in luoghi in cui il tellurismo è forte, permettono di rigenerarsi se si capta l’energia che contengono.
E’ un simbolo fallico di rettitudine e vita, rappresentando la forza protettrice maschile. Legata ai Giganti che non sono altro se non le forze primordiali del nostro mondo, può aiutare a comunicare con essi, in particolare con i Giganti della galaverna, e a domandare loro protezione in alcune circostanze, durante alle tempeste di neve quando si viaggia in auto o ci si trova in montagna. E’ dunque un runa di forza e non-intelligenza, ma è la runa che anche inconsciamente proteggerà, ivi compreso nella sua dimensione di spina protettiva, la mitologia lo manifesta, quando il Dio Balder muore, “punto” da una freccia, parte per Hel – da cui discende la parola inglese per inferno, e che la cultura Cattolica ha usato per spaventare milioni di uomini, poiché nella mitologia nordica, Hel era solo il mondo dei morti – e laggiù sarà protetto contro gli effetti del Ragnarok – fine del mondo – la consumazione del destino delle Potenze, e potrà aspettare serenamente di risorgere nell’Età dell’Oro: la favola della “Bella addormentata nel bosco” è una restaurazione di quell’archetipo mitologico.
La runa Thurisaz è collegata al martello di Thor che si fa annunciare dal fragore e dall’abbagliante luce del lampo, sovrano protettore del regno di Midgard, figlio di Odino e della dea Jord (la terra selvatica e incolta), come suo padre è legato alle tempeste e al tempo atmosferico, combatte contro il caos e i giganti, per proteggere il regno degli uomini, Midgard.
E’ anche il dio della guerra e come tale invocato dalle agguerrite tribù germaniche, restano segni della sua esistenza perfino nell’inglese moderno, col nome giovedì cioè thursday, che deriva dallo svedese arcaico thorsdag cioè giorno di Thor.
La runa Thurisaz simboleggia anche Mjollnir, il frantumatore, il formidabile martello di Thor, come si diceva all’inizio, che provoca il tuono, forgiato dagli elfi neri, la sua potenza è tale che il dio deve impugnarlo con guanti di ferro, dopo aver indossato una cintura chiodata in cuoio intrecciato: Thor può lanciarlo lontano quanto vuole ma il martello torna sempre indietro nelle sue mani.
Questa runa è anche simbolo degli Jotnar, i Giganti, le forze primordiali del caos che avranno il sopravvento nel Ragnarok: la fortezza dei Giganti è Utgard, situata in Jotunheim, uno dei nove mondi della cosmologia norrena, separato da Midgard, il mondo degli uomini, da alte montagne e dense foreste.
I Giganti rappresentano le forze del caos primordiale e della natura selvaggia e distruttiva, la loro sconfitta per mano degli dei rappresenta il trionfo della cultura sulla natura, sebbene al costo di una continua vigilanza.
Runa ANSUZ
Senso simbolico: il potere divino, creatore, il Dio Odino, il mondo degli Dei, il potere della parola, l’incantamento.
Ansuz è tanto la runa dell’intelligenza quanto precedentemente era quella dell’assenza della stessa: ci mette direttamente in relazione con la creazione, ma questa volta, a differenza di Fehu, con la creazione magica come il demiurgo che agisce con e sul multiverso. Corrisponde alla lettera A che, in tutte le tradizioni, simboleggia il germe primordiale, il suono creativo; in diverse tradizioni esoteriche, esistono molti esercizi collegati alla lettera A che permettono di estendere il campo della coscienza, ricollegarsi alla più intima parte del multiverso e liberarsi. Questa pratica fornisce alcuni poteri: l’invisibilità psichica, il sogno cosciente, eccetera, ma l’obiettivo non consiste di fermarsi a quel punto, infatti, l’ascensione spirituale, non si misura in base alle facoltà acquisite.
Ansuz è la runa della conoscenza e permette di comprendere che non esistono limiti fra il multiverso e noi; essa corrisponde al potere magico trasmesso di generazione in generazione e che dobbiamo ritrovare all’interno di noi. Conduce all’estasi e la sua energia corrisponde all’ond, il respiro, il prana degli indù e il ki giapponese, e a odhr, l’ispirazione, la cui radice “od” (come Odino) significa “potere magico”: il paiolo di Odhroerir nel quale è stato raccolto il sangue di Kvasir, l’uomo più saggio nato dallo sputo di tutti gli Dei, e assassinato da due nani, rinvia alla medesima radice. Dalla miscela del sangue di Kvasir e del miele scaturisce l’idromele sacro, e bevendolo si acquisisce l’ispirazione e il dono della poesia, che è il potere della parola: infatti l’arte della poesia era sacra e possedeva virtù magiche, ciò che la nostra epoca moderna ha dimenticato. Liberandoci, Ansuz, ci affranca dalla paura della morte, infatti, la conoscenza che ci permette di acquisire, dimostra la relatività del mondo, dello spazio e del tempo: ci mette direttamente in contatto col reale e con la parte divina di noi stessi.
La Dea Idun è anch’essa legata a questa runa, poiché detiene i segreti dell’immortalità e permette agli Dei di rigenerarsi, liberando dalla morte.
Questa runa è sotto l’egida del dio Odino: con le prime rune abbiamo preso contatto, dolorosamente con parti di noi che non conoscevamo, ora ci rendiamo conto di aver ferito ancora una volta noi stessi, ci ammaliamo, perdiamo il senso e il significato, la direzione, la mente vacilla, cresce la paura di impazzire, di essere diversi, di fallire, di morire.
Con Ansuz diventiamo profondamente consapevoli del nostro vuoto e siamo disposti a ricevere aiuto, a lasciarci guidare, è la comparsa nella nostra vita, nello smarrimento e nel dolore, di una Guida capace di comprenderci e condurci sano e salvi fuori dai sanguinosi combattimenti e dalle guerre che stiamo combattendo, sempre e comunque, contro noi stessi e contro il mondo.
Ansuz è una soccorrevole presenza che ci cura le ferite ci rinfranca l’animo, ci offre un attimo di pace nella fragorosa lotta per l’esistenza, è la chiamata dello spirito che si può manifestare in molte forme, travestito da mendicante o da malattia, da buona o cattiva sorte.
La Chiamata implica sempre e comunque un sacrificio, senza sacrificio non c’è salvezza, il prezzo va pagato col proprio sangue, ed è per questo che ci appendiamo all’albero cosmico, l’Yggdrasil: facciamo scelte che contrastano con il normale sentire sociale e per questo veniamo presi per pazzi, ma siamo sempre appesi, sempre feriti, sino a perdere i sensi, nel delirio, la parola si fa muta, il suono cieco, la vista sorda.
Ansuz è una runa significante letteralmente il Dio (Aas) e tradizionalmente è legata ad Odino, come si diceva, il signore dei paesi nordici: Odino, in norreno Ooin, anglosassone Woden, tedesco Wotan, longobardo Gòdan, è una delle principali divinità del pantheon norreno e in particolare dio della guerra, della magia, della sapienza e della poesia.
L’ispirazione si lega al suo rapporto specifico con l’arte poetica, la parola ispirata e la saggezza, mentre il furore si pone in relazione alla guerra, uno dei miti racconta come egli sottrasse il sacro idromele ai giganti, che rende poeta chi lo beve, è quindi dio della parola e della poesia, protettore degli scaldi, gli antichi poeti scandinavi.
Odino rappresenta inoltre la forza diplomatica, la capacità di conciliare le parti senza dovere per forza ricorrere alla violenza.
Runa RAIDO
Senso simbolico: il carro solare, il carro di Thor, il viaggio.
Raidho è associata al carro, collegato a innumerevoli tradizioni al sole, del quale rappresenta la corsa: nel nord alcuni popoli veneravano la Dea Northus, assimilata alla Madre Terra. I sacerdoti le rendevano un culto in una foresta su un’isola, dove si trovava un carro consacrato e coperto che veniva immerso in un lago durante grandi feste dopo averlo trasportato in vari luoghi: il carro rappresenta il santuario e si diceva che fosse trainato da giovenche – qui si ritrova nuovamente il simbolismo della vacca, ma quella che non ha figliato – si tratta quindi dell’aspetto della Dea nel suo aspetto di ragazza.
La runa Raidho rappresenta il veicolo sacro e la ricerca iniziatica, è l’energia che riuscirà a permettere la trasformazione interiore ed esteriore, è associata al rito la cui etimologia significa “ordine”: il rituale equivale a mettere ordine o rimettere in ordine: ripete i gesti divini, permette di rendere sacro, d’indurre un’energia, sistema e ordina, conferisce coerenza in tutti i campi, regge dunque le proporzioni, le corrispondenze tra l’alto e il basso.
Essendo la runa del viaggio, è anche la runa che collega gli esseri, che così hanno la possibilità d’incontrarsi. Raidho è legata al ritmo del multiverso, della danza, della musica, è l’energia a spirale che concentra la forza per un obiettivo prefissato, dunque, molto utile in magia per questo fine, ma anche per ottenere un risultato conforme alle leggi divine.
Con Ansuz abbiamo ricevuto la chiamata per partire per un viaggio alla scoperta di noi stessi e di ciò che davvero conta per noi nella vita, abbiamo incontrato una guida, abbiamo individuato una strada da percorrere, ora si tratta di partire per il viaggio.
Raido soave nel recinto e dura per chi cavalca sulla strada maestra, il significato del poema runico è evidente…stare a casa è comodo per tutti, tutti sono capaci di vivere alle spalle degli altri, della famiglia, degli amici, dei colleghi, dei rispettivi coniugi, è comodo farsi mantenere.
Raido significa andare lontano, via da casa, da tutto ciò che si conosce e si è abituati a frequentare e senza voltarsi indietro, percorrendo strade nuove, con nuove compagnie, nuove idee, nuovi posti e situazioni.
Raido è il viaggio della vita che inizia quando salutiamo nostro padre e nostra madre, gli chiediamo di darci la loro benedizione, cii inchiniamo rispettosamente e voltiamo loro le spalle per lanciare lo sguardo davanti a noi, verso il nostro futuro, il nostro destino, ched significa appunto destinazione, luogo di arrivo.
I suoi Avatar simbolici sono Sleipnir, il cavallo di Odino dalle otto zampe, e Yggdrasil, l’albero cosmico, proprio a rappresentare la simbologia appena presentata della vita, e il movimento che rappresentano, che mai si blocca o anche l’esistenza si fermerebbe.
Runa KENAZ
Senso simbolico: il fuoco padroneggiato, il fuoco della creazione, la cremazione funeraria/liberazione e anche l’infiammazione interiore.
Kenaz è la runa del fuoco, della luce controllata, del fanale, che, nelle diverse lingue, ha un significato che pare in contraddizione, ovvero quello di una illuminazione e quella di una malattia, ma non dimentichiamo che una runa in sé è neutra, né buona né cattiva. La torcia simboleggia la luce, più precisamente l’illuminazione, poiché rischiara subitamente un luogo buio, infatti questa runa, è collegata a quel processo.
Ma il fuoco può essere anche distruttore ed è ciò che rende l’etimologia legata alla ferita: può essere un fuoco interiore che consuma, un’impotenza a controllarsi che sfocia in malattia, ma anche in quel caso esiste un doppio aspetto, poiché quella stessa malattia, quell’incendio interiore può risvegliare e dare vita a un’illuminazione, se , lo si desidera, e si sarà liberi di usarla e di domarla per creare. Kenaz, infatti, rappresenta la creatività – i fabbri usavano la sua energia – e, nella tradizione nordica, la figura emblematica del fabbro è Wieland, la cui storia è per certi versi simile a quella di Efesto della tradizione greca, come la loro mutilazione – paragonabile all’iniziazione sciamanica che conferisce poteri – e la violenza carnale alla quale entrambi si abbandonano. Il fabbro è dunque un assistente essenziale degli Dei, è il grande mago, nel folklore è un personaggio temuto, patrono degli alchimisti poiché questi ultimi trasmutano i metalli per ottenere oro: quella trasmutazione è innanzitutto spirituale e si ricollega all’illuminazione evocata poco prima.
La quantità di energia racchiusa nella materia è immensa, prova a spiegarcelo Einstein con la sua formula E=mc2: osserviamo il fuoco, dove la legna poco a poco scompare, al suo posto c’è una fiamma guizzante, cangiante nel colore, che produce luce e calore e quella luce che si vedrà più avanti con Sowelo, il sole e Dagaz, il giorno luminoso, intanto ci abituiamo con Kenaz alla visione di Dio, imparando a purificarci dalle vecchie e dannose abitudini.
Ancora una volta il viaggio della vita riguarda solo ed esclusivamente noi, ogni esperienza ci permette di acquisire nuove informazioni per comprendere meglio il senso e la direzione della nostra vita, infatti, il senso del viaggio è la trasformazione, ed essa avviene attraverso successive identificazioni e disidentificazioni, in un continuo processo di morte e rinascita.
Cappuccetto rosso, che rappresenta il menarca ossia la prima rivelazione del femminile, incontra il lupo, il lato oscuro del maschile, per imparare cosa significa diventare donna: il lupo divora Cappuccetto Rosso, ma la bambina verrà estratta sana e salva dalla pancia del lupo ucciso dal cacciatore..Kenaz è il fuoco che distrugge una vecchia identità e ne costruisce una nuova.
Nella Cosmogonia Nordica l’esistenza inizia da uno stato iniziale di vuoto, il Ginnungagap, e attraverso una costante interazione tra fuoco e ghiaccio, elementi contrapposti ma complementari, nasce il cosmo e la vita, il Gigante Ymir e la Mucca Audhumla: il fuoco è sempre stato considerato come una forza ambivalente con connotati magici per il suo aspetto benefico e distruttore, fin dalla preistoria l’uomo cercò di controllarlo ricorrendo alla conca del fuoco, una forma di buca scavata nel terreno con la funzione di braciere, successivamente venne usato un braciere ottenuto attraverso un anello di pietre raccolte e accatastate intorno ad esso.
Il fuoco è un elemento dinamico e maschile in quanto genera trasformazioni, tende a purificare ogni cosa elevandola a un livello superiore, da esso scaturisce un energia che è la vita stessa, al punto che la morte è percepita come l’estinzione del fuoco, da qui l’importanza dei riti della conservazione del fuoco.
Surtr, il Nero, è nella mitologia norrena, un gigante del fuoco con la sua spada di fiamma, che sta a guardia di Muspellsheimr, l’ardente regno che si trova all’estremo sud del mondo , forse da qui si sono generate tutte le storie dell’inferno che la Chiesa ci ha propinato.
Runa GEBO
Senso simbolico: il dono (in cambio di un altro dono), lo scambio su tutti i piani e l’interazione di due forze, il sigillo sacro.
Ecco una runa spesso trascurata dai runisti moderni, è tuttavia una delle più importanti, è la runa del Dono, e il dono di sé, il sacrificio è alla base stessa del lavoro e dell’etica del Nord: è il sacrificio a vantaggio della propria comunità, simbolizzato dalla storia di Tyr che sacrificò la sua mano, oppure Odino che sacrifica il proprio occhio, addirittura suo figlio Balder che dona la propria vita, eccetera. Ma il dono considerato da questa runa deve essere considerato ad ogni livello, sono i doni che gli Dei fanno agli uomini quando questi si rivolgono a loro; sono anche le offerte, segni d’amore e di dono di sé che questi ultimi donano agli Dei. Il dono di sé è molto importante, non nel senso cristiano che implica sacrificio, dolore e sofferenza, ma l’oblio di sé, cioè del proprio ego per fondersi con la divinità. Quella fusione conduce alla liberazione, all’estasi, alla gioia suprema, d’altronde la runa che segue è Wunjo, quella della gioia per eccellenza, e qui il processo è chiaro. Gebo è anche lo scambio: nelle società tradizionali ogni dono ne comportava uno di ritorno. A livello umano Gebo simboleggia lo scambio fra due esseri, che si tratti dello scambio amoroso, affettivo, amicale e anche commerciale, non ha importanza, nella cui azione governa la Dea Gefjon che presiede tale runa. Il suo nome significa “la dispensatrice”, “la generosa”: il dono è un processo sacro, ciò che nella nostra società assistenziale abbiamo dimenticato, poiché la gratuità è un’illusione e un’offesa, giacché essa significa che colui che riceve è incapace di donare a sua volta, e così facendo, perde un parte della propria dignità di essere umano. Si può utilizzare la runa Gebo quando si vuole stabilire o ristabilire la comunicazione fra gli esseri; è calmante e ristabilisce l’armonia quando due persone non riescono più a capirsi, toglie le barriere che si erigono e l’animosità che ne può risultare.
Runa WUNJO
Senso simbolico: la gioia, l’estasi, Odino, la Via, parentela tra esseri, armonia nel clan, insegna della tribù.
Ecco una nuova runa assai importante, un’altra collegata ad Odino, forse la runa di Odino/Wodan stesso, poiché è l’iniziale di Wodan/Woden, Wunjo è la runa della gioia, racchiudendo i principi di gioia, estasi ( Wodan è etimologicamente il Dio dell’estasi), armonia interiore così come nel clan. E’ una runa molto importante su cui bisogna meditare, poiché viviamo in un mondo che mantiene una visione assai negativa dell’esistenza, basta guardare nei film, nei telegiornali, nei reportage, dove tutto sembra volerci far affondare in uno stato negativo , per mantenerci in quello stato, come se d’altronde fosse causato dagli altri.
Ci deresponsabilizza, mentre fin dall’infanzia ci dovremmo formare alla gioia e a essere responsabili di quella stessa gioia: il nostro subconscio è impregnato sin dalla più tenera età, di negatività, e questa runa è una delle chiavi della resurrezione del nostro popolo e della nostra terra, poiché lavorando attivamente su di sé, poi proiettandola sugli altri, ci risvegliamo e il nostro intero essere s’impregna della sua energia, facendoci vibrare in maniera diversa, e allora possiamo risplendere. Nel campo tecnico della magia, Wunjo, permette di armonizzare l’azione di due o più rune come di due o più esseri che, malgrado le loro differenze, si riuniranno con un obiettivo comune; essa permette che i nostri desideri vengano esauditi. Per la sua forma Wunjo è anche la runa-insegna, l’insegna del corvo di Odino, che mostra il cammino della gioia, non va dimenticata né trascurata.
Wunjo è il nostro bambino interiore, il risultato dell’unione e della riunione dentro di noi delle nostre parti separate, è il contatto con il nostro io. L’innocente, nel suo significato archetipo rappresenta lo spirito, l’essenza, l’energia, l’amore che prende forma nell’incontro tra elemento maschile e femminile, attraverso la vita.
Il dio Balder, figlio di Odino e Frigga, è chiamato il bello e infatti la sua bellezza è ineguagliata tra gli dei ha i capelli colo oro e gli occhi azzurri come il ciel, brilla di radiazioni dorate, dai suoi genitori ha ereditato la saggezza e l’amore per la natura, è un guaritore e pratica la medicina delle erbe.
Balder è l’incarnazione dell’innocenza più immacolata, dio della luce e della gioia, la sua presenza scaccia le tenebre, la sua parola porta salute, il suo sguardo è pieno di saggezza illuminata, tradito però dalla malvagità altrui, Loki in questo caso.
In tutte le culture e gruppi ci sono sempre state e sempre ci saranno figure sciamaniche che portano il peso dei mali del clan o del gruppo e funzionano come guaritori, qui è evidente la forte connessione tra Chirone e la chiamata sciamanica: è noto il tema del Capro Espiatorio, dell’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo, è l’autosacrificio dell’eroe, da Prometeo a Odino.
Il principale compito della nostra vita consiste nel riscoprire in noi la più intima essenza di questo bambino interiore, capire di cosa ha bisogno, a cosa ha dovuto rinunciare e cosa desidera, quali sono le sue ferite, le sue paure, le sue insicurezze e prenderlo per mano , proteggerlo, guidarlo, e nel contempo lasciarci guidare da lui.
Runa HAGALAZ
Senso simbolico: irraggiamento, seme primordiale, uovo di ghiaccio primordiale, archetipo del seme, archetipo cosmico.
La forma di Hagal, è la più antica, ma la sua forma più diffusa, in particolare nell’architettura e nel simbolismo, è quella del Futhark recente, dove è chiamata “runa madre”. Si dice che, se viene rappresentata in un solido o sotto forma di griglia, nella sua struttura si possono ritrovare tutte le rune, ma già solo per la sua posizione, essa è fondamentale, poiché è la nona runa del futhark a 24 segni, e il 9 è un numero sacro in tutte le tradizioni, come in Cina dove rappresenta il numero della pienezza, il che si concepisce facilmente poiché i cinesi non contano 7 centri energetici chakras ma 9, il cui risveglio conduce alla liberazione, all’estasi. Il trono imperiale cinese prevede 9 gradi e i cieli sono 9 e si oppongono alle 9 sorgenti dove riposano i defunti; anche ikl Buddhismo conta 9 cieli; gli sciamani siberiani fanno 9 tacche sull’albero del quale si servono per i loro riti; nella tradizione nordica i mondi sono 9, l’uomo possiede anch’esso 9 centri energetici. Il Dio Odino trascorre 9 notti sospeso a Yggdrasill l’albero/asse cosmico per acquisire le rune; il Dio Heimdall è nato da 9 sorelle; a livello biologico la gestazione di un bambino dura 9 mesi; il numero 9 dunque è indispensabile affinché si operi una nascita, affinché un nuovo ciclo cominci. Una formula magica diffusa indica ancora l’importanza del numero 9:”Per il potere del 3 volte 3”. Il chicco di grandine è l’uovo di ghiaccio che ha permesso al mondo di esistere, poiché racchiudeva il seme del gigante Ymir – forse una memoria ancestrale dell’arrivo della vita sulla terra tramite l’impatto di un meteorite di ghiaccio che, sciogliendosi, rilasciò le proteine, base della vita, che composero tutto ciò che di organico c’è che, traspirando, diede vita a un uomo e una donna. Egli stesso è nato dallo scontro tra ghiaccio e fuoco, quindi, Hagalaz, è il seme per eccellenza , racchiude il mistero dell’esistenza e della molteplicità, poiché l’uovo contiene in nuce tutti gli elementi; è un simbolo di risurrezione futura ed è il modello assoluto per gli altri, legato com’è all’eterno ritorno: va notato che le ambulanze francesi sono dotate di quel simbolo disegnato sotto forma di fiocco di neve. La runa Hagalaz, è un potente simbolo reiligioso, segno di protezione e compimento spirituale, presente, in effetti, nell’architettura delle cattedrali sotto forma di rosone. Hagalaz è una delle principali rune del Wyrd destino poiché reca in sé elementi del passato e del futuro; sul piano biologico racchiude il codice genetico di ogni essere e lo ricollega ai propri avi. La grandine possiede un potere distruttivo, potere necessario alla rinascita; anche in questo caso si percepisce che il principio dominante che concerne le rune è la polarità.
Runa NAUDHIZ
Senso simbolico: il fuoco vitale, il fuoco di necessità,il destino, il sollievo dallo sconforto, costrizione.
Naudhiz è ancora una runa di fuoco, ma è assai diversa dalle altre due rune ignee principali, Kenaz e Sowilo, infatti, mentre la prima è la luce, il fuoco domato che fa avanzare, e Sowilo è il fuoco naturale, spesso devastante, Naudhiz è il fuoco che fa sopravvivere che impedisce di cadere. Il fuoco di necessità è quello che nel Medioevo veniva alimentato costi quel che costi quando le città erano in quarantena.
Essa è il fuoco della vita, fra due rune di ghiaccio: Hagalaz, la grandine, e Isa, il Ghiaccio propriamente detto. Naudhiz, rappresenta il destino individuale e collettivo degli esseri viventi;i termini di necessità e costrizione non devono essere considerati come qualcosa di opprimente, è una necessità assoluta, quello che non può non essere, ciò corrisponde alle leggi del multiverso, che reggono noi e provengono dal passato. I termini Orlog e Wyrd, che si traducono con “destino”, presso i popoli del Nord non comportano una nozione fatalista e disperata – contrariamente alla cultura cristiana – i due termini in realtà significano “fondamento originario”, cioè base, radice. Dopo la runa germe, la runa madre Hagalaz, Naudhiz è la runa dello sviluppo di ciò che era in germe, di ciò che era engrammato – secondo alcuni studiosi, l’engramma, è una traccia mnestica localizzata nel tessuto nervoso – quella necessità imperiosa, ma contemplandola e avendone coscienza ci si affranca da essa, non bisogna far finta di non vedere e fuggire a ciò che si deve vivere, ma piuttosto esaminarlo e trarne le conclusioni necessarie per lavorare efficacemente su di sé.
Quella necessità è legata all’inconscio, poiché alcuni atti, reazioni ed eventi sono provocati da ciò che serbiamo nel più profondo di noi stessi; facendolo emergere ce ne liberiamo e allora possiamo iniziare un’autentica ascensione spirituale: il disegno rappresenta due rami che servono per accendere il fuoco, si tratta della scintilla che risveglia, del fuoco vitale. Naudhiz aiuta a neutralizzare ciò che ci attacca, segnatamente a livello magico, sbarrando la strada alle aggressioni oppure opponendo una forza di resistenza.
Se Hagalaz rappresenta la morte, Nauthiz è caratterizzata dal dolore negato, non permesso, non espresso, è l’angoscia, lo smarrimento di fronte al vuoto, al non senso della propria esistenza, rappresenta le forze che irrompono e distruggono ogni schema, la ribellione alla morte, alla propria o altrui fine.
Nauthiz è afflizione e pena solo se fuggo dal dolore della morte, se vivo il lutto fino in fondo la sofferenza della perdita, la pena poco alla volta svanirà e progressivamente mi sentirò rinascere a nuova vita.
Se non mi permetto la paura e il dolore della morte non potrò gioire pienamente della vita.
I nove mondi esistono contemporaneamente formano un unica realtà variegata, c’è Asgard, la dimora degli Dei e c’è Hel (da qui è nato il nome inferno inglese), il regno dei morti, c’è il regno degli elfi luminosi e quello degli elfi oscuri, ancora una volta sta a noi scegliere in quale mondo vivere.
Runa ISA
Senso simbolico: ghiaccio, immobilità, forza statica, materia/antimateria originaria.
Per la sua forma e il suo simbolismo, il ghiaccio della runa Isa rappresenta l’anti-movimento per eccellenza, non è una runa dinamica infatti, ma la statica incarnata: il suo glifo dritto e verticale, traduce bene quel tipo di energia, condensando e trattenendo, permettendo un controllo sugli altri ma anche ed è indubbiamente più importante su sé stessi, rappresentando la padronanza totale di sé. Corregge un temperamento troppo nervoso ed impaziente, calma la frenesia degli esseri che sovracompensano e sprecano energia, permette di controllare l’energia, di conservarla all’interno di sé, il che è molto utile durante un rituale, poiché è disponibile per esso e assicura efficacia di gran lunga maggiore. Isa permette di controllare il flusso ininterrotto dei pensieri, lo sviluppo del potere di concentrazione in tutti i campi, rafforza la volontà; se la mente tace la potenza magica è accresciuta, la volontà viene diretta verso un fine preciso e le visualizzazioni o i galdrar non sono più affogati in un’onda di pensieri.
E’ la runa del presente e rafforza il richiamo del “sé”, dove si tratta di essere pienamente presenti qui e ora.
Vi sono alcuni che non si rassegnano alla perdita e continuano a vivere, ma è come se fossero morti, sono spenti, hanno rinunciato alla rinascita e vivono una lenta agonia, fatta di rimpianti, lamenti e sensi di colpa, altri muoiono poco tempo dopo che la persona amata li ha lasciati, come per seguirla nel suo destino.
Isa è il ghiaccio d’inverno, l’apparente fine di tutto, il blocco, l’irrigidimento, ma in realtà sotto il ghiaccio dell’inverno la vita pulsa, i semi germogliano, la Primavera si prepara, pronta a ricoprire la terra di nuova verdeggiante vegetazione, pronta a un nuovo ciclo.
Quello che Isa ci vuole dire è che in fondo la morte non esiste , fa parte della vita, ne è un aspetto fondamentale, imprescindibile, il Buddha la definisce “impermanenza”, quello stato transitorio che caratterizza ogni essere.
Isa è anche connessa con il Niflheim il primo mondo, la terra della nebbia, brina, ghiaccio e oscurità, che si trova al posto più basso ed è appunto dove si trova il regno dei morti.
Nella mitologia norrena Hel è appunto la dea degli inferi, figlia di Loki, dio dell’inganno e di Angrboda, una gigantessa: quando Odino seppe che il perfido Loki aveva avuto una figlia la bandì nel più remoto angolo del creato, perché facesse il minor danno possibile, si narra infatti che quando la figlia di Loki venne al mondo per la prima volta la malattia colpì il genere umano.
Hel esce raramente sulla terra ma quando lo fa porta malattia e morte, passa per le strade e la gente si ammala all’improvviso, se spazza la strada con un rastrello vi saranno sopravvissuti, se invece con una scopa moriranno tutti.
Alcuni tratti della dea hanno suggerito a diversi studiosi di metterla in relazione con Parvati-Kali o di Persefone, o ancora, Ecate.
Runa JERA
Senso simbolico: il ciclo della vita, il ciclo del sole, l’eterno ritorno, unione del ciclo e della terra.
Jera è una runa molto dinamica, così tanto che se non avesse la seguente, Eihwaz, per ancorarla, potrebbe dislocarsi totalmente. Così la dodicesima e tredicesima runa si riuniscono per formare il Fylfot tradizionale che i tibetani chiameranno dorje e gli indù svastika. Ha la forma di due rune che si compenetrano e si completano per fornire ancora più creatività a qualcuno o dare maggiore forza a un’azione; essa è la runa per eccellenza del solstizio d’inverno – Natale per i cattolici – d’altronde è chiamata Jul, come la festa del solstizio che si chiama Jule. Jera è la dodicesima runa come sono 12 i mesi dell’anno, e il periodo solstiziale di Jul dura 12 giorni, che in nuce si presume siano presagi di ciò che daranno i 12 mesi a venire: quel periodo è fondamentale per i popoli europei, poiché tutto il simbolismo di Natale e della natività ne deriva.
E’ un periodo di congiunzione fra il mondo dei morti e il nostro, poiché dopo il 1° di novembre, data della Samhain, essi tornano a trovarci: è anche la notte più lunga dell’anno e in quell’occasione il dio Wotan percorre i cieli scortato dalla Caccia selvaggia. E’ un periodo di rinnovamento e rinascita, dove il ciclo sacro ricomincia, favorevole per cominciare cose nuove all’esterno, lanciarsi in nuove imprese o avviare un lavoro interiore: i solstizi sono punti di passaggio e la fase ascendente del Sole durante i primi mesi dell’anno può essere paragonata alla fase ascendente della Luna durante la metà di un mese: è un periodo di espansione di sé e del proprio campo di coscienza, mentre l’abbassamento della luce è più propizio a un lavoro di “immagazzinamento”, di consolidamento delle esperienze e al tempo stesso si tratta di una fase di morte iniziatica, aiutando ad espellere, alla fine dell’anno, tutto ciò che non si vuole più, sbarazzandosi dei demoni e delle malattie, purificando tutto. In magia Jera usata nel senso della corsa del Sole provoca un’accelerazione, mentre, in senso inverso, un rallentamento: è una runa di pace, prosperità e liberazione
Dopo la profonda comprensione che l’intima natura della realtà è il vuoto, ora si può tornare a vivere con una nuova consapevolezza, si può riprendere un nuovo ciclo, attraverso la vita, la morte diventa una amica, una fedele alleata, non c’è niente di più vitale della consapevolezza della morte.
Avendo accettato la morte del nostro corpo possiamo cominciare a intravedere la nostra anima e la sua immortalità, il seme sepolto nella terra germoglierà a primavera e darà frutto in estate.
Jera significa un anno e ci dice non solo che tutto ciò che ha un inizio ha anche una fine, in un ciclo eterno, e che ogni essere vivente è partecipe di questa ciclicità.
La filosofia vedica insegna che tutte le attività e le loro reazioni sottostanno a una legge universale chiamata Karma, dove ogni essere vivente è responsabile per ogni singola azione, chi semina raccoglie.
I sintomi di un buon Karma sono ricchezza, una buona cultura e la bellezza mentre un Karma negativo è caratterizzato da malattia, povertà, ignoranza e deformità fisiche, anche se su questi concetti presi tali e quali non sono molto d’accordo, poiché esistono delle eccezioni alla regola, inoltre può verificarsi che un essere umano rinasca apposta in una situazione disagiata per affrontare delle prove che lo aiutino a crescere ulteriormente o per bruciare Karma negativo che lo blocca nell’ascensione, comunque ho voluto riportare la teoria Karmica così come viene descritta dagli Induisti.
In parte, il Karma, è l’insieme di esperienze e carichi caratteriali collegati al DNA che ognuno di noi si porta dentro e che si attiva solo quando esistono le giuste opportunità di vita: se la persona riuscirà a risolvere, ma realmente non solo ricacciando nel proprio inconscio la causa Karmica, il problema, allora egli/ella avrà liberato i suoi discendenti da quel tipo di destino, anche se i suoi parenti non sono collegati al corpo mentale, il loro DNA riceverà un miglioramento tramite la comunicazione cellulare che altro non è che una sorta di telepatia.
Insieme al Karma esiste il Dharma, che significa sostenere, formare, che è l’eterna regola della natura, l’ordine cosmico e personale poiché detta le norme del comportamento individuale: vivere seguendo il Dharma significa andare verso la nostra vera natura e portare questa in armonia con il Dharma universale ovvero la stessa della spiritualità.
Runa EIHWAZ
Senso simbolico: Il tasso, l’albero della vita e di morte, asse del cosmo, Yggdrasill, asse di vita, centro.
Eihwaz simboleggia il Tasso, l’albero sempreverde, del rinnovamento, per l’Abecedarium Nordmannicum “il tasso è al centro di tutto”, e di fatti, nell’antico Futhark Eihwaz è la 13 runa, che condivide dunque la centralità con Jera. Ma il Tasso è soprattutto l’albero del mondo, un riflesso di Yggdrasill, secondo le tradizioni quell’asse cosmico è sia un frassino, sia una quercia che un tasso; è su un Tasso che Odino si sospende per scoprire le rune nella sua estasi sciamanica. Un professore di medicina dell’università di Greiz (Germania), il professore Kukowka, ha scoperto le stupefacenti proprietà allucinogene dei frutti del tasso: quando fa caldo sprigiona una tossina gassosa che provoca allucinazioni atte a creare un viaggio sciamanico in trance. Tutto quel simbolismo dimostra che si deve manipolare la runa Eihwaz con cautela, poiché permette la comunicazione tra i mondi, ma bisogna essere sufficientemente equilibrati per servirsene, poiché può portare verso i regni inferiori, e quel genere di esperienza richiede preparazione, in compenso è una runa utile per cominciare a guardare nel profondo di sé stessi durante il periodo che va da Samhain al solstizio d’inverno.
Eihwaz è legata al Dio arciere Ullr, dio arcaico della morte, simbolo ricollegato al segno del sagittario che, al più alto livello di coscienza, supera i propri istinti , le proprie pulsioni: il sagittario è un segno di fuoco, ma del fuoco più sottile, non come quello del capricorno, primitivo, istintuale. Questa è una runa di difesa, come simboleggiato dall’arco a un primo grado, e permette anche di ricordarsi delle proprie vite passate: aiuta ad ancorarsi, collegata alla spina dorsale, come Yggdrasill è la non sradicabile colonna vertebrale del multiverso.
Con Eihwaz possiamo portare alla consapevolezza il processo ciclico di morte e rinascita e comprendere che ogni volta che accettiamo la morte diventiamo un po’ più vivi, ogni volta che ci arrendiamo di fronte alle forze preponderanti dell’universo diventiamo un po’ più forti.
Questo è il profondo significato e valore di Eihwaz, la runa dell’iniziazione al viaggio sciamanico, dell’ingresso nel mistero della vita, il mito, il simbolo, il rituale, l’arte sono mezzi che ci aiutano ad ampliare l’angusta visione dell’Io, la coscienza egoica desidera la vita, la sicurezza, la ricchezza, il successo, l’amore, mentre per l’io ogni cosa deve avere un senso, deve seguire una logica razionale prevedibile e riproducibile.
Il linguaggio dello spirito appartiene all’emisfero destro del cervello, è paradossale, simbolico, metaforico, le informazioni non provengono più dall’esterno, dalla società e dagli altri, ma dall’interno del nostro essere, l’esperienza iniziatica richiede un radicale mutamento di prospettiva, occorre imparare a vedere e sentire in modo nuovo.
Con Jera abbiamo incontrato la nostra anima, ora con Eihwaz siamo chiamati a guarirla e per fare questo dobbiamo imparare a viaggiare tra i mondi, ma non in mondi al di fuori di noi bensì all’interno di noi stessi, quei mondi che noi stessi abbiamo creato negli eoni trascorsi a incarnarci, che hanno creato la struttura mentale che il simbolismo cerca di tradurre per la mente razionale; ma dobbiamo guarire la nostra anima realmente se vogliamo procedere nella crescita spirituale, altrimenti ci adorneremo soltanto di altre illusioni, credendo di aver raggiunto la “salvezza”, senza renderci conto che stiamo ancora annaspando in alto mare, magari pensando di poter guarire gli altri.
Le Rune sono le chiavi di accesso ai Nove Mondi, durante i nove giorni che Odino stette appeso al Yggdrasil gli furono consegnate una ad una, per questo lo sciamano deve morire e rinascere, per potere attraversare tutte le tappe che separano il mondo degli inferi da mondo superiore (non intesi negativamente o positivamente per questo, visto che tali aggettivi sono soltanto dei tranelli della mente razionale per descrivere un processo e cercare di catalogarlo, ma in verità esiste solo l’esistenza).
Eihwaz è collegata all’albero del Tasso (Taxus Baccata) simile al Cipresso, alto e dritto, assai longevo e resistente, detto anche albero della morte in quanto molto utilizzato presso i cimiteri, anticamente usato per produrre forti archi da guerra, altamente velenoso se la sua resina entra in circolo nel sangue.
L’albero è sempre simbolo dell’asse cosmico la cui funzione è quella di collegare i mondi, in questo caso la dimensione infera, ctoni della morte con quella superiore, celeste della resurrezione.
Runa ALGIZ
Senso simbolico: Forza protettrice, donna cigno (valchiria), mano aperta.
Algiz la runa che dona protezione.
Se ci si attiene alla sua forma classica, e non alle sue varianti, Algiz è una runa con numerosi sensi, una runa di protezione, “positiva”, è addirittura quella che ha soprattutto un senso positivo, resa la runa della vita, la sua forma evoca la mano aperta in protezione. Nel Futhark recente la runa Algiz simboleggerà l’uomo, il che alla fine è solo un’estensione del suo significato di “vita”; è legata all’alce , al cervo, un animale assai importante per i popoli del Nord e nelle tradizione celtica, rappresenta il Dio Cernunnos, divinità della fecondità e dell’abbondanza. Le corna del cervo rappresentano la rinascita ciclica; esisteva anche un processo magico per trasformarsi in cervo per scappare dai nemici, probabilmente una tattica per confondersi in un gruppo di animali per poter scappare, rappresenta un simbolo arcaico collegato all’inizio del mondo, ricoprendo a volte un ruolo di psicopompo.
Si celebrava il cervo durante le cerimonie di Beltan , epoca in cui i vivi rendono visita ai morti e non l’inverso come nel caso di Sanhain. Elhaz è legata anche al cigno, che possiede un simbolismo particolarmente ricco, rappresentando sicuramente la purezza, la forza celeste in quanto compagno di Apollo, il canto, la poesia (non dimentichiamo che il cigno muore cantando), simboleggia ancora l’anima in trasformazione verso stati di essere superiori nel Nord sono le valchirie ad assumere le sembianze di cigni, scelgono i morti caduti in combattimento per condurli nel Walhalla, dimora di Odino nell’Asgard (sorta di paradiso) sono ancora due cigni in compagnia di due colombe che trainano il carro di Freja. La runa Elhaz è dunque legata a tutto un simbolismo in particolare quello di punto luminoso fra coscienza degli uomini e il regno divino ma, a differenza di Eihwaz, si tratta di un percorso tortuoso. E’ la runa che permette di rinforzare la hamingja, il potere magico, la protezione magica, respingendo le forze ostili, dove un rituale consiste il visualizzarla su scudi tutt’intorno a sé anche sopra e sotto, scritta in rosso fiammeggiante, se si devono affrontare persone o situazioni ostili.
Con Algiz ci viene richiesto di relazionarci in modo nuovo con la dimensione del sacro, di protendere la nostra mente, e tutto il nostro corpo verso l’alto e ricevere così il sapere dalla Fonte Originaria di Ogni Conoscenza.
La runa Algiz è la naturale evoluzione della runa Ansuz, la runa di Odino che appare sotto forma di segnali e messaggi: con Ansuz riceviamo ammonimenti e consigli, offriamo preghiere e sacrifici, riceviamo da Odino e a lui offriamo in un ciclo sacro e virtuoso.
Non abbiamo bisogno di alcun tramite per celebrare la nostra unione con Dio siamo liberi di chiedere e offrire, di ringraziare e onorare, non abbiamo bisogno di confessare i nostri peccati, così come non abbiamo bisogno di assoluzioni, noi siamo i sacerdoti della nostra vita e la nostra verità è il nostro sacrificio offerto sull’altare della nostra vita: Algiz è il segno del sacerdote, di colui che offre le cose sacre, che rende sacra la propria vita attraverso il sacrificio di sé.
Il Blot, è un termine connesso all’inglese bless, benedire, e deriva dalla parola blood, sangue, un importante componente dei riti: il termine blota significa rafforzare l’intenzione è proprio quella di apportare maggiore potere agli dei tramite il rituale, cosa che viene esperita ancora oggi nelle religioni di carattere sciamanico, anche se i praticanti della New Age non vogliono sentirselo dire.
La simbologia più potente è il sacrificio di oggetti o esseri viventi, di solito animali, in particolare maiali e cavalli (per la tradizione celtica), dei quali la carne viene bollita in una larga pentola con pietre riscaldate poste dentro o al di fuori.
Il blot d’autunno si celebra a metà ottobre, il grande blot di mezzo inverno, anche detto Yule, al solstizio di inverno; è interessante che ancora oggi, anche tra le culture più “cristiane” vengano effettuati questi sacrifici, ad esempio a ottobre si uccidono ancora i maiali per fare salami, e a Yule si festeggia il Natale, dove chi dice di praticare magia nera sacrifica animali o anche esseri umani, mentre gli ignari cristiani vogliono che nasca il “salvatore”, un salvatore che non è mai esistito se non per la somma di molte altre tradizioni pagane di diversa origine..
Il Sumbel avveniva di solito al coperto in una sala denominata sala dell’idromele, si trattava di passare di persona in persona un corno o una coppa pieni di una bevanda come birra o idromele e a ogni passaggio il sacerdote prima onorava le divinità, poi gli antenati, poi gli eroi pagani a lui molto cari e infine si poteva compiere una promessa solenne, questo rituale comportava anche canti e scambio di doni…mi ricorda tanto la messa per certe cose, a voi no?
Algiz è una delle piu importanti rune.
Runa SOWILO
Senso simbolico: La ruota solare sacra, il fuoco solare, il fuoco originario, il potere.
La runa Sowilo racchiude i poteri e la potenza del Sole, quest’ultimo è spesso simboleggiato da una ruota, in questo caso si parla di “ruota solare” a causa dei raggi, d’altronde, la ruota è frequente in numerose tradizioni, per esempio, presso i Celti, il druido Mag Ruith pronuncia i suoi auguri con l’ausilio di ruote, il Dio Taranis è chiamato “il Dio della ruota”, un simbolo che si trova spesso sugli oggetti celtici.
La ruota rappresenta anche i centri energetici dell’uomo, che la ruota Sowilo aiuta a risvegliare, chakras nella tradizione indù, gli hvel della tradizione nordica. Il Sole rappresenta l’anima del mondo,la forza che gli permette di esistere e rigenerarsi , è il simbolo della luce fisica che permette a tutti gli esseri viventi di crescere ricordiamoci che grazie al sole, la vitamina D, detta vitamina della crescita, viene sintetizzata e della luce spirituale, poché rappresenta lo spirito, per esempio in astrologia. La Dea Sol è la Dea del Sole nel pantheon germano-scandinavo, probabilmente era più importante di quanto rivelino i testi, come d’altronde accade per tutte le Dee, ma è da capire per chi abita in zone ghiacciate o con freddo intenso, lì il Sole può letteralmente salvare la vita..
La ruota solare rappresenta ciò che ritorna, i cicli, il ricominciare, è legata al fylfot, ovvero l’asse e ciò che vi gira intorno, è il simbolo dell’uomo liberato, dell’uomo che ha trovato il proprio centroe che non si allontana da esso.
Sowilo rappresenta il fuoco non domato, e in questo senso rappresenta il fulmine piuttosto che il Sole, è dunque una forza terrificante, elettrica, è il Sole disceso sulla terra per recare conoscenza, il fuoco originario, infatti, in origine, l’uomo che possedeva il fuoco possedeva il potere, mentre il conservarlo, era compito dello sciamano.
Sowilo runa di luce e potere è associata a Heimdall, divinità che regge tutto l’aett di Hagal e che si esprime in tutta la sua luminosa pienezza.
Heimdall è il guardiano di Bifrost, l’arcobaleno o tremula via che conduce alla cittadella divina, ai limiti estremi del cielo, immerso in una luce abbagliante, si staglia Himinbjorg, monte del cielo, la dimora di Heimdafir, il dio bianco.
Il dio bianco possiede un udito sensibilissimo, può sentire crescere l’erba dei prati e la lana delle pecore, egli aveva ricevuto questo portentoso udito rinunciando a una delle sue orecchie, recidendola e seppellendola sotto il sacro frassino che attraversa l’universo, chiara analogia con Odino che sacrifica il suo occhio per ottenere la visione delle rune, in entrambe i casi il sacrificio non corrisponde a un reale sacrificio fisico, quanto mentale.
A questo proposito, si può parlare di Jung, psichiatra svizzero di religione protestante,che aveva interessi spirituali ed esoterici, era medium naturale e la sua teoria della psiche non riguarda solo le patologie mentali ma l’intera evoluzione umana, non praticò solo terapia ma sperimentò anche su sé stesso stati modificati di coscienza, contrariamente a Freud che era anche un cocainomane, ma si drogava per piacere non certo per ricerca.
Jung descrive la vita umana ideale come un opera d’arte sempre più orientata verso la dimensione spirituale, in cui tutte le potenzialità si manifestano progressivamente, irradiando un grande disegno che costituisce lo scopo della vita: se per Freud l’uomo soffriva di problemi sessuali, per Jung il dolore scaturiva da conflitti interiori e spirituali e doveva essere aiutato a dispiegare la propria interiorità, e non drogato come faranno poi gli psichiatri che seguiranno le orme di Freud.
Come psichiatra, Jung, constatò come l’infelicità fosse da ricondurre alla rimozione della dimensione spirituale, che è l’esigenza di trovare il senso della vita.
Runa TIWAZ
Senso simbolico: La giustizia, l’equilibrio, l’armonia, la fedeltà, il Padre celeste, il Padre primordiale, il pilastro e la volta celeste.
Tiwaz runa dell’equilibrio.
La radice del nome Tyr è la stessa degli Dei Zeus e Jupiter, proviene dal sanscrito dyaus, è un archetipo divino, in particolare della divinità celeste, e si trova in tutto il mondo indoeuropeo.
Il Dio della famiglia degli Asi ha salvato il mondo dal caos sacrificando la propria mano nelle fauci del lupo Fenrir, che minacciava di distruggere tutto. E’ fondamentalmente una runa di equilibrio, di bilanciamento tra le forse antagoniste, dunque di polarità, poiché se Tyr simboleggia l’ordine perfetto, la Giustizia, tuttavia trionfa su Fenrir grazie a un inganno, a uno spergiuro, dunque vi perde una mano; Tyr è anche il Dio che arbitrava le assemblee o thing.
E’ stato considerato un Dio di guerra, veniva invocato durante le battaglie e assicurava la vittoria, ma il suo simbolismo è più complesso: è l’archetipo dell’atto di mettere ordine e di ciò che è giusto, equilibrato, rappresenta la legge del mondo alla quale non si può derogare, altrimenti il mondo piomberà nell’oscurità. La runa Tiwaz è la runa della bilancia, della giustizia, dell’armonia, dell’equilibrio di tutte le cose, che può essere usata per ristabilire in sé l’immagine del padre, il principio maschile e consolidarsi interiormente, ristabilire la propria polarità, l’equilibrio tra emisfero cerebrale sinistro e destro; è utile anche durante un processo ma solo quando si è nel giusto
Tiwaz ci consente di portare in terra il Regno dei Cieli, è una runa fortemente cristica, così come l’immagine di Re Artù ci offre una sorta di sacra rappresentazione medievale di un Gesù guerriero circondato dai suoi dodici discepoli, i cavalieri della tavola rotonda.
Tiwaz è una stella, la stella Polare che indica la rotta ai naviganti, è rappresentata da una freccia che punta diritta verso il cielo, è dunque il Cammino di Crescita Spirituale, la tensione verso quella luce lontana che non tradisce e non scompare mai.
Le verità dello Spirito sono già presenti in ogni uomo e devono solo essere riportate alla coscienza seguendo una guida, possono emergere grazie a un percorso interiore e ascetico, che porta come ultimo e più alto stadio, all’estasi, alla pura contemplazione del divino che si specchia nella propria anima, questa è la meta, questo significa Dagaz, l’ultima runa, la ventiquattresima dell’alfabeto druidico, la Realizzazione Suprema nello Spirito, l’illuminazione.
Il sogno della morte sconfitta da un immortalità conquistata con il proprio coraggio è alla base della concezione nordica del Valhalla, dimora degli uccisi, mitico paradiso destinato ai guerrieri morti gloriosamente in battaglia: le travi che sostengono l’immenso palazzo sono fatte con le lance acuminate dei più temerari guerrieri, il tetto è poi ricoperto di lucenti scudi dorati, gli arredi interni sono fatti con le vesti dei soldati che si sono battuti all’ultimo respiro sprezzanti del pericolo.
Solo i guerrieri più valorosi gli Einheriar, i campioni, possono oltrepassare una delle 540 porte del Valhalla, porte grandiose.
La porta principale è destinata ai guerrieri scelti da Odino stesso si trova a Occidente, è il Valgrind, un maestoso cancello chiuso ermeticamente da una formula magica; ma il Valhalla non è un posto di ozi e divertimenti, poiché i campioni si allenano per prepararsi alla suprema e ultima battaglia che avrà luogo alla fine dei tempi, quando insieme a Odino saranno chiamati a combattere contro gli oscuri abitanti di Muspellheim.
Runa BERKANA
Senso simbolico: La madre Terra, il pilastro cosmico nel suo volto femminile, i seni della terra, la matrice.
La runa Berkana è il principio femminile della runa Tywaz, sono entrambe indispensabili al mondo, rappresentata dalla betulla nei riti sciamanici, dove gli si fanno 7, 9, 12 tacche; serve per comunicare con gli spiriti e per visitare i vari mondi. La betulla è al tempo stesso un simbolo di ascensione ai mondi superiori e di discesa nei mondi inferiori, quelli degli spiriti “maligni”, rappresenta il ciclo vita-morte-rinascita, e in questo Berkana, rappresenta la fecondità, il parto e anche la Dea Hel, guardiana del regno dei morti; quest’ultima non aveva quell’aspetto terrifico che i cristiani le hanno conferito, rendendola guardiana degli inferi, ma bisogna riconsiderare tutto il problema della morte. In realtà è l’ignoto che pare terribile, e i cristiani sono molto legati alla materia da cui hanno una tremenda paura a staccarvisi ..
La runa Berkana aiuta a maturare i progetti, a partorire, nasconde il potere nascosto delle parole, il loro senso al di là della pura comprensione intellettuale e della pura espressione: aiuta a ricostruire dentro di sé l’immagine della Madre.
Se Tiwaz è il Logos, il Grande Padre, il genitore archetipo, Berkana è l’Eros, la Grande Madre, il Mistero della nascita, l’Anima del Mondo.
Immagine vivente della dea, simile alla Luna, la donna cresce e decresce dall’adolescenza alla senilità, in un ciclo eterno e ininterrotto, la fanciulla-luna-crescente diventa madre-luna-piena e infine anziana-luna-calante, esattamente come nella Wicca moderna creata dal Satanismo, questo tanto per fare un po’ di informazione: fu creata da Lavei, grande conoscitore di satanismo, un revival delle antiche attività pagane, che si distaccassero dalle “credenze” cattoliche.
Berkana è il flusso dell’acqua che all’interno del corpo femminile diventa ciclo, si trasforma, si fa sangue e latte, è l’intelligenza e la coscienza della terra, è Gaia, il Pianeta Vivente, il Ventre Cosmico.
Il grande Nord fino al margine dei suoi ghiacci, è il regno della Betulla, la parola Birke, che la denomina in tedesco, prende le sue origini dal celtico Berchta, brillante, a sottolineare la forte impressione che la pianta emana.
Il tronco con la sua scorza argentea, screziata dalle strie nere degli strati emergenti, appare come una colonna che mette in relazione la terra oscura dove affondano le radici, con la chioma luminosa protesa verso il cielo.
In tempo di carestia la presenza di sali, sostanze aromatiche e di zuccheri ha fatto sì che la farina della scorza si aggiungesse alla lavorazione del pane, l’albumina purissima, che nutre il fogliame, costituisce un potente stimolo per l’attività del sistema del ricambio, regolando il metabolismo liquido e l’escrezione.
Nell’equilibrio, nell’armonia di luce e buio, luna e sole, maschile e femminile, ci viene incontro un mondo nuovo, ricco di promesse, di fertilità, di apertura, di possibilità e colori, la Primavera, stagione di espansione di creatività e di danza gioiosa.
Runa EHWAZ
Senso simbolico: Il cavallo come veicolo dell’anima negli altri mondi, i gemelli divini, l’unione, il matrimonio, gli eroi gemelli.
Ehwaz la runa dell’unione.
La runa Ehwaz evoca un riflesso, è la runa dell’unione, è legata al cavallo e ai gemelli, o meglio, più che al cavallo in sé, all’armonia tra cavalcatura e cavaliere: tutte le mitologie comportano i gemelli, prendiamo l’esempio della mitologia indù e degli Ashvini, gli Dei gemelli con la testa di cavallo.
La parola ashva significa “penetrare” e quegli Dei sono guaritori, poiché conoscono i segreti delle piante, guariscono anche gli eroi dalle loro ferite, sono sposati con la figlia del Sole e i loro genitori sono la conoscenza e la legge della perfezione.
La conoscenza ha d’altronde la forma di una giumenta: sono giovani, benevolenti, e si invoca la loro protezione durante i riti matrimoniali. Nella tradizione nordica esistono dei gemelli il cui nome è Alci, che corrispondono ai Dioscuri e anch’essi hanno forma verosimilmente di cavallo: i gemelli sono il simbolo dell’unione divina e sacra, nulla può separarli, sono quasi un’unica persona, quanto al simbolismo del cavallo è legato allo sciamanesimo in quanto veicolo fra i mondi, in particolare fra il nostro e quelli inferiori. Il cavallo rappresenta la ricerca spirituale e questa caratteristica appare nella cavalleria, esso segna anche l’ispirazione poetica e aiuta Bellerofonte a uccidere Chimera: nella mitologia germano-scandinava Sleipnir è il cavallo a otto zampe di Odino.
La Runa Ehwaz perciò, possiede varie funzioni: serve da veicolo per viaggiare tra i mondi, si può fare appello ad essa per i viaggi fuori dal corpo o quelli fisici di tutti i giorni, aumenta la rapidità in ogni campo, serve a sacralizzare i legami tra due persone – fratelli, sorelle, sposi, eccetera – legandoli nella fedeltà.
La Runa Ehwaz rappresenta un cavallo ma diverso da quello rappresentato da Raido, che presuppone un cavaliere, l’atto di cavalcare e del guidare, possibilmente imparare a dirigere l’esuberanza degli istinti, cavalcare sulla terra, mentre Eiwaz indica il cavallo che corre nel mondo dell’estasi, dello sciamano, e non può essere altri che Sleipnir, il magico destriero dalle otto zampe, capace di trasportare attraverso tutti i livelli di coscienza, dall’inferno al paradiso, è l’Yggdrasil, il cavallo mistico di Ygg, di Odino, che unisce il cielo e la terra, affonda le radici nel passato, cresce nel presente e protende verso il futuro.
Nel glifo Ehwaz troviamo due rune Laguz speculari, il sentimento, l’emozione, l’empatia, il flusso cosmico dei partner si incontrano e si specchiano nell’unione, nella relazione, e qui c’è un chiaro richiamo alla magia sessuale, con tutte le sue tecniche estatiche.
L’innamoramento e la sessualità sono sul piano emozionale e sul piano fisico le esperienze più intense e motivanti che l’essere umano sia in grado di provare e di cui è alla continua ricerca, anche se spesso, quasi sempre a dire il vero, non ne capisce profondamente il significato.
Il Tantra è una complessa e affascinante filosofia che si prefigge di portare l’individuo alla liberazione dall’oscurità, contrariamente alle religioni che denigrano e abominiano la sessualità, e dal dolore, attraverso la gioiosa celebrazione della sacralità della vita in tutti i suoi aspetti, liberandolo da preconcetti e condizionamenti.
Spero in futuro di poter aprire un sito direttamente collegato a questo argomento.
L’estasi cosmica del Tantra non è solo un orgasmo prolungato, significa aprire i sensi, il cuore, la mente e lo spirito, alla vita e concedersi il piacere, il godimento, il gioco, significa abolire i rigidi divieti delle regole, dei moralismi, dei sensi di colpa e di tutto ciò che la mente razionale utilizza per controllare, assoggettare, inibire e ridurre la nostra vita all’interno di un lugubre e inutile schematismo.
Ma è vero anche che la relazione di coppia è uno dei campi in cui maggiormente dobbiamo fare i conti con noi stessi e con l’altro, poiché nell’intimità e nella profondità della relazione di amore emerge talvolta una parte di noi stessi sconosciuta e misteriosa, a volte incomprensibile, fatta di bisogni insoddisfatti e desideri irrealistici,di proiezione e idealizzazione, di meccanismi di fuga e di difesa, di aspirazioni, a essere appagati e nutriti dal partner con ogni sorta di beni materiali e spirituali, in una relazione che ricorda più quella di un genitore e un figlio che tra due esseri adulti che aspirano a diventare completi.
Runa MANNAZ
Senso simbolico: L’avo divino, l’uomo.
Questa runa rappresenta il legame fra gli uomini e gli Dei, poiché essi discendono dagli Dei ma lo hanno dimenticato, perché la divinità è celata al loro interno. Simboleggia anche l’androgino primordiale, che rappresenta a sua volta l’uovo cosmico, uno stato di perfetta unità che dobbiamo riconquistare: si può anche accostare Mannaz alla radice “man”, che in seguito ha originato parole come “mensile”, “mestruale”, “mese”, ecc, oltre a Mani, la Luna.
E’ un simbolo dell’eterno ritorno, del passaggio fra diversi stati, in particolare quello dalla vita alla morte; in passato, la Luna, serviva a misurare il tempo. Rappresenta anche il mondo del sogno, dell’inconscio, della trasformazione, corrisponde alla magia orizzontale più che verticale contrariamente al Sole.
La runa Mannaz ha diverse funzioni: permette di sviluppare la memoria e il proprio potenziale, aiuta durante gli esami, aiuta a equilibrare i poli femminile e maschile in un essere vivente e a ritrovare la struttura divina che rechiamo in ognuno di noi. Mannaz è la runa dell’integrazione sociale, ma è anche una sorta di runa della dissimulazione, poiché è l’uomo o l’apparenza dell’uomo: deve aiutare a porsi la domanda:”Di fronte a me stesso sono un vero uomo o interpreto un ruolo?”.
La runa Mannaz è il simbolo dell’individuo immerso nella società, della ragione, dell’intelligenza, della struttura sociale e dell’evoluzione della coscienza planetaria, un concetto che potrebbe essere ben rappresentato dalla frase di Terenzio, filosofo latino:”Homo sum et nihili humanum a me alienum puto”, ossia poiché sono un uomo nulla di ciò che riguarda l’uomo lo ritengo estraneo a me.
La radice indoeuropea è mannda cui il tedesco mann e l’inglese man, uomo; Mannaz è il segno dell’uomo e della stirpe umana connesso con il mitico progenitore Mannus, generato dall’androgino primordiale Twisto.
Il glifo di Mannaz ci offre l’immagine di due rune Wunjo disposte specularmente, è l’uomo realizzato, in contatto con sé stesso e con il proprio Puer Aeternus, che si riconosce nell’altro uomo e riconosce una comune appartenenza al genere umano, sembrano anche due esseri umani di profilo, faccia a faccia, riflessi in uno specchio.
Mannaz ci chiede di entrare in contatto con il cuore dell’umanità e superare ogni barriera e ogni distinzione, di condividere la gioia della vita con i nostri simili, di abbattere i muri che ci separano, di incontrarci e riconoscerci come fratelli.
Runa LAGUZ
Senso simbolico: Le acque primordiali, l’energia vitale, la crescita organica.
Laguz la runa dell’acqua.
Laguz rappresenta la forza vitale sotto l’aspetto acquatico, al mondo in cui Uruz rappresenta l’energia vitale sotto l’aspetto terrestre: la parola “lago” e “laguna” hanno rapporto con questa radice. L’acqua è all’origine di tutte le cose, rappresenta il non manifesto che è in germe, la fertilità e la fecondità per eccellenza,i liquidi veicolano la vita – oltre all’acqua, anche il sangue, lo sperma – e nella mitologia nordica, la vacca Audhumbla, lecca il ghiaccio così libera Buri, l’avo degli Dei.
E’ significativo che questa runa in germanico abbia due nomi; il secondo nome è Laukaz, è legato al porro (e anche alla cipolla), due bulbi assai legati all’acqua, oltre che aventi effetti curativi: purificano entrambi il corpo, le fibre portano via le tossine e sono antisettici, i loro sali alcalini rafforzano la vitalità. La runa è un potente ausilio in tutti i processi di crescita e fecondità, tanto a livello fisico per curare che a livello magico, permette di fluidificare le situazioni, l’eliminazione dei blocchi, il rafforzamento del proprio potenziale magico.
Con la runa Laguz possiamo ora attingere alla Comune Coscienza Cosmica, la forma della runa sembra proprio agganciarsi a qualcosa che sta in alto e scorre poi, precipita verso il basso come una cascata.
Laguz è la runa dell’acqua, come dicevo prima, dell’intuizione, della sensitività, della telepatia, della chiaroveggenza, che altro non sono se non facoltà legate all’altro emisfero cerebrale, quello destro, che contiene le funzioni artistiche, sintetiche, simboliche.
Il collegamento con il Campo cosciente avviene quando plachiamo quel chiacchericcio della mente ed entriamo in uno stato meditativo, dove i pensieri personali scorrono e svaniscono e dove sempre più passano le informazioni provenienti dalla Mente Universale.
La Coscienza Collettiva conosce il passato, il presente e il futuro dell’umanità, è la testa del Gigante Mimir, depositario della saggezza cosmica, che Odino porta sempre con sé per quanto recisa e a cui chiede consiglio, Odino infatti è il tramite della conoscenza , le rune sono il suo dono per portare la conoscenza agli uomini, un po’ come fece Prometeo quando rubò il fuoco agli dei per donarlo agli esseri umani.
Jung definì Archetipi gli elementi strutturali dell’inconscio sostenendo che essi corrispondono a elementi strutturali collettivi dell’anima umana, considerandoli veri e propri organi psichici dal cui funzionamento dipende la salute dell’individuo e la cui lesione può dare origine a disturbi e sintomi fisici o mentali.
Anche per Erich Neumann, medico e filosofo allievo di Jung, l’archetipo è un immagine interiore che agisce interiormente sulla psiche umana operando una progressiva evoluzione della personalità esattamente come le strutture biologiche promuovono il metabolismo e lo sviluppo fisico.
Runa INGWAZ
Senso simbolico: Il Dio avo, il Dio della terra, cuore-espansione, fissazione.
Ingwaz la runa della sessualità.
Il Dio Ing era molto popolare tra i danesi e sulle coste del mare del Nord, da esso discenderebbero gli ingaevones, Yngvi è anche un nome di Freyr, dal quale la famiglia reale svedese trarrà il proprio nome.
Il culto del Dio Ing è collegato a quello della Dea Nerthus, di cui in realtà è il paredro: anche a lui è attribuito un carro culturale. La runa rappresenta la riserva d’energia e la polarità maschile della terra; si parla sempre della Madre Terra, ma essa non può essere feconda senza il principio maschile.
Permette l’azione sul piano terrestre, può incarnarsi, garantisce il successo dei riti di fertilità, aiuta a meditare e a concentrare le proprie energie, conservarle e liberarle al momento opportuno; è in rapporto con la magia sessuale e corrisponde all’orgasmo maschile, non all’orgasmo stesso ma al momento immediatamente precedente. Nel tantrismo e in tutti gli insegnamenti di genere sessuale l’obiettivo consiste nel trattenere il proprio seme per immagazzinare l’energia e tramutarla: Ingwaz rappresenta proprio quel processo.
Con la runa Ingwaz ci dobbiamo occupare del futuro della famiglia umana da un punto di vista fisico, genetico, di quello che sarà dell’umanità, grazie al nostro contributo, i nostri figli, nipoti, costruiranno il mondo di domani, lo abiteranno, la nostra responsabilità di genitori non si limita a mettere al mondo nuove vite, ma anche e soprattutto a consegnare nelle loro mani un mondo dove sia possibile vivere, o che valga la pena di vivere.
Inguz è il seme nascosto nella terra che al momento opportuno germoglierà e rappresenta il prepararsi invisibile di una nuova forma, vegetale, animale, o umana: nella società nordica grande importanza aveva il concetto di famiglia come insieme di individui collegati fra loro dalla discendenza da un antenato in comune.Con Ingwaz ci dobbiamo occupare del futuro della famiglia umana da un punto di vista fisico, genetico, di quello che sarà dell’umanità, grazie al nostro contributo, i nostri figli, nipoti, costruiranno il mondo di domani, lo abiteranno, la nostra responsabilità di genitori non si limita a mettere al mondo nuove vite, ma anche e soprattutto a consegnare nelle loro mani un mondo dove sia possibile vivere, o che valga la pena di vivere.
Inguz è il seme nascosto nella terra che al momento opportuno germoglierà e rappresenta il prepararsi invisibile di una nuova forma, vegetale, animale, o umana: nella società nordica grande importanza aveva il concetto di famiglia come insieme di individui collegati fra loro dalla discendenza da un antenato in comune.
Runa DAGAZ
Senso simbolico: La luce del giorno, l’equilibrio fra la notte e il giorno, l’eterno ritorno differente.
Dagaz rappresenta la luce dell’alba e del crepuscolo, dunque è legata al rinnovamento e alla speranza l’alba e crepuscolo rappresentano il tempo sospeso i grandi risvegli sono preceduti da un crepuscolo, si pensi a quello degli Dei che precede il ritorno dell’Età dell’Oro.
In realtà “crepuscolo degli Dei” non è corretto poiché Ragnarok si traduce piuttosto con “Consumazione del destino delle potenze”. Quattro momenti caratterizzeranno quel momento: un inverno molto rigido, un incendio cosmico che distrugge il mondo, la scomparsa della Terra nell’oceano, l’inghiottimento del Sole da parte del Lupo Fenrir forse è la descrizione della fine del nostro sistema solare con la trasformazione in nana e poi in buco nero, ecco il lupo che divora tutto, che distruggerà il pianeta dopodiché rinascerà un mondo purificato.
Dagaz cela il segreto degli intervalli temporali, ed ha come funzione quella di impedire che si producano effetti nocivi o che entrino spiriti malefici, permette altresì l’invisibilità psichica.
Dagz è il nuovo giorno la nuova Era, contraddistinta da apertura verso il corpo, il benessere, la sessualità equilibrata, la natura, le relazioni, la comunicazione globale, l’ecologia, l’ambiente, il risparmio energetico.
Nella religiosità nordica il sistema valoriale è basato sulle cosiddette “Nove Nobili virtù”: coraggio, verità, onore, fedeltà, disciplina, ospitalità, industriosità, autostima e perseveranza.
Il percorso delle rune rispecchia fedelmente questi principi, che appartengono in maniera del tutto naturale al popolo indoeuropeo, è interessante notare anche qui una corrispondenza con la cultura vedica e in particolare con le quattro verità proclamate dal Buddha come viatico per l’illuminazione.
Gli dei Asi vivono in una terra chiamata Asaheim, posta sulla sommità del mondo, lì abitano la fortezza di Asgard dove, tra splendidi edifici e magnifici templi, vivono con le loro famiglie e i loro figli, dominando il mondo e sul destino degli esseri umani.
Ai confini di Asgard, nei pressi di Bifrost, tremula via, l’arcobaleno che collega la cittadina divina al mondo dei mortali si erge Himinbjorg, montagna del cielo, la residenza del guardiano che aveva il compito di vigilare sui possedimenti divini: Heimdall.
Gimlé dal norreno luogo al riparo del fuoco, è una costruzione divina, un santuario situato sul punto più alto di Asgard, descritto come un posto lucente, con il soffitto ricoperto di oro, ed è qui che l’umanità si rifugerà dopo il Ragnarok (la guerra tra caos e dei), quando il mondo verrà distrutto dal fuoco.
Runa OTHALA
Senso simbolico: Proprietà immobiliare ereditaria, proprietà chiusa che interagisce con l’ambiente circostante.
Othala la runa della famiglia
La runa Othala presiede alle recinzioni, cioè ai luoghi invarcabili per colui che non ha ricevuto le iniziazioni necessarie, quindi racchiude una nozione di sacralità, quella del tempio, in questo caso del tempio pagano nordico, che protegge e fortifica, sacralità della sua funzione.
Il mondo antico si fondava sulla tripartizione ogni essere aveva il suo posto e la sua funzione, senza un senso gerarchico: la funzione sacerdotale, la funzione guerriera e la funzione produttrice, si ritrova lo stesso fenomeno nelle caste.
Othala è assai utile quando cerchiamo la nostra funzione nella società.
E’ anche legata alla proprietà immobiliare in quanto centro di un clan, in lingua frisona si chiama eeyen-eerde, “propria terra”, o “propria tenuta”. Questa runa protegge la nostra casa e permette di trovarne una se la stiamo cercando, reca prosperità e benessere, è naturalmente legata all’eredità dei nostri avi, permette alla loro anima di proteggerci e a noi di raccogliere la loro conoscenza.
E’ la runa dell’aquila e della nobiltà.
Othala è la conclusione di un ciclo terreno, quello cominciato con la runa Fehu che rappresenta la dotazione di base con cui vengo al mondo, la ricchezza e la proprietà che mi arrivano dalla famiglia al momento della nascita: con Othala o Othila, abbiamo chiuso il cerchio, la prossima runa è Dagaz, l’ultima, che rappresenta la piena realizzazione dell’intera esistenza attraverso l’illuminazione, il definitivo distacco dagli attaccamenti la liberazione dalle passioni che rendono così difficile e pesante il cammino in questa vita.
Con la tuna Othala si tratta di entrare in contatto con le nostre radici, con il potere che proviene dal passato, con una eredità non solo fisica, quella genetica, non solo materiale, ma soprattutto una eredità di informazioni che passa da una generazione all’altra come attraverso un telegrafo senza fili, tutto ciò che i nostri antenati hanno o non hanno vissuto passa attraverso di noi, entra nella nostra vita, in quella dei nostri figli.
Le morti dimenticate, gli amori vissuti, gli addii non dati, pesano sui discendenti e accumulano lutto su lutto, imprigionando le anime con pesanti vincoli di rinuncia e fallimento, al contrario se si sono effettuate le liberazioni della crescita interiore, quindi Othala può essere pienamente runa di ricchezza e abbondanza, di acquisizione di beni e benefici provenienti dai nostri avi.
L’albero genealogico inteso come anima di famiglia, o inconscio familiare, risente di tutte le esperienze più o meno drammatiche vissute dai membri della nostra famiglia di origine, dove ogni membro che sia stato escluso tende a ripresentarsi sotto forma di sofferenza e quindi ancora una volta di sintomo.
Dopo il trapasso l’individuo deve prendere coscienza dell’avvenuto passaggio attraverso una vera elaborazione dell’auto lutto e della separazione, questa presa di coscienza può avvenire in un attimo o dopo giorni e giorni o secoli o millenni.
Appena l’individuo prende coscienza dell’avvenuta trasformazione iniziano a delinearsi le fondamenta del cambiamento successivo, vale a dire della nuova rinascita.